Brano: [...]to in una intervista i contatti avuti con la D.C. perché l’intesa elettorale fosse valida dovunque, progetti falliti solo per il fatto che la Direzione democristiana pretendeva che l’alleanza non fosse allargata in modo dichiarato al M.S.I..
La tattica elettorale della D.C. per sfaldare a proprio tornaconto lo schieramento di estrema destra si era concentrata anche sulle manovre scissionistiche all’interno del variopinto paesaggio monarchico. Il P.N.M. registrò così diverse diaspore locali. Un buon numero di suoi ex iscritti si ritrovò nel Fronte monarchico, costituito dagli onorevoli Alliata, Marchesano, Consiglio, Coppa, e rappresentativo soprattutto di collusioni tra gruppi clientelari della destra meridionale.
In quel clima di arroventati appelli al raduno delle forze anticomuniste, il P.N.M. vide allargare i propri margini di azione e di parossistica campagna demagogica. I metodi laurini poterono sfrenarsi, impiegando strumenti di corruzione indecorosi e una volta di più indirizzati a carpire consensi nel sottoproletariato meridionale. I fiduciari del « comandante » rovesciarono sull’elettorato del Sud quantitativi enormi di pasta alimentare,, migliaia di scarpe spaiate (« Una scarpa subito, l’altra dopo il voto », era la promessa fatta dai galoppini elettorali), e di portafogli di plastica contenenti ciascuno un biglietto da mille lire.
I miliardi profusi e l’infuocata atmos[...]
[...]sizioni e ridurre gli alleati a semplici e docili comparse.
In una intervista al « Gazzettino Veneto » del 3.9.1952, De Gasperi stesso non esitò a lasciar intendere che la restaurazione monarchica era tecnicamente possibile: il che, tuttavia, aggiunse, rimaneva una ipotesi per il futuro, mentre per il presente il dovere dei fedeli sabaudi consisteva nel non disertare la lotta da condursi contro il comuniSmo. In altri termini, la D.C. blandiva il P.N.M. e nello stesso tempo chiamava l’elettorato monarchico a riservare i propri suffragi al blocco da lei guidato, facendogli balenare la possibilità che si pervenisse a un capovolgimento istituzionale.
Lauro e Covelli, dal canto loro, rinnovarono le istanze alla Chiesa perché accentuasse il proprio intervento sulla D.C. ai fini di unaintesa tra il blocco di centro e quel
lo di destra, sostenendo che neppure la « legge truffa » (contro cui votarono) avrebbe permesso al primo di assicurarsi il 51% dei voti.
In un certo senso, la profezia monarchica si avverò, poiché l’obiettivo democristi[...]
[...]povolgimento istituzionale.
Lauro e Covelli, dal canto loro, rinnovarono le istanze alla Chiesa perché accentuasse il proprio intervento sulla D.C. ai fini di unaintesa tra il blocco di centro e quel
lo di destra, sostenendo che neppure la « legge truffa » (contro cui votarono) avrebbe permesso al primo di assicurarsi il 51% dei voti.
In un certo senso, la profezia monarchica si avverò, poiché l’obiettivo democristiano non fu raggiunto. Il P.N.M. conquistò ben 1.854.850 voti, pari al 6,8% del totale dei suffragi, e ottenne 40 seggi alla Camera. La sconfitta della « legge truffa » inaugurò una crisi nel vecchio equilibrio degasperiano che il leader della D.C. cercò di tamponare per rimettersi alla guida di un gabinetto quadripartito: ma, dopo convulse trattative e una crisi durata l’intera estate del 1953, egli riuscì soltanto a rabberciare un « monocolore » che, non avendo più la D.C. la maggioranza in Parlamento, poteva contare unicamente sull’appoggio del P.N.M..
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